AZIONE – capacità di produrre un effetto – “Azione scultorea” di Domenico Cornacchione

Le opere che creo sono bisognose di cure, ci obbligano a dedicargli del tempo, oppure, a ignorarle del tutto. Ci costringono a fare una scelta, vogliono entrare in contatto con noi, e sono pronte a scomparire se non ricevono le dovute attenzioni. Così un totem di pietra grezza, parzialmente coperto da un cumulo di terra, conserverà il suo senso solo se la terra, tanto instabile e precaria, resterà al suo posto, o meglio, se si farà in modo che resti al suo posto. Appare evidente che nessuna opera d’arte può considerarsi al sicuro dalla “leggerezza” di alcuni atteggiamenti umani. Da questa riflessione sono partito per realizzare una serie di sculture e progetti in cui ho voluto capovolgere i ruoli e costringere l’osservatore a sentirsi “punto debole” nel rapporto scultura-uomo. Delle pietre grezze sovrapposte l’una sull’altra a formare dei totem apparentemente instabili, oppure dei labirinti formati da grossi blocchi di marmo che si snodano nelle vie di un’ipotetica città, o ancora enormi macigni sorretti da esili intrecci di ferro… Mi piace, nei miei lavori, contrapporre l’immobilità e la pesantezza della pietra e del ferro alla temporalità e la delicatezza di altri materiali. Materiali che costituiscono il punto debole, ciò che muore se trascurato, ciò che non r-esiste se ignorato. Così ho infilato una lamiera di ferro in una balla di paglia e ho aspettato che il tempo facesse il suo lavoro. Ho “utilizzato” gli agenti atmosferici, la pioggia, il vento, il sole, per accelerare il processo di decomposizione della balla di paglia, un processo che è iniziato dall’interno, dal cuore stesso della balla e si è allargato fino a coinvolgere tutta l’opera in una riflessione sulla mancanza di “cura”, di attenzione, di manutenzione verso un certo tipo di arte contemporanea. Nelle mie AZIONI-SCULTOREE porto all’estremo questi concetti, creo delle sculture utilizzando il ghiaccio e le espongo in pieno sole. Creo sculture impossibili da tutelare, impossibili da conservare così come sono, creo sculture che vivono, che seguono un loro inevitabile percorso e che trovano da sole un nuovo significato, una nuova forma.